Altitudine: m 276 – Abitanti: 8.546
Cagli, che nel VI secolo costituiva uno dei capisaldi della Pentapoli bizantina, è ripetutamente menzionata negli itinerari di epoca romana. Costituito fin dal XII secolo, il libero Comune di Cagli ben presto assoggetta oltre 52 castelli snidando la nobiltà rurale e fronteggiando la politica feudale degli abbati. La sua espansione ebbe a seguire i confini della giurisdizione della diocesi di Cagli che in Greciano (IV secolo) annovera il suo primo vescovo. Parzialmente distrutta dal fuoco, appiccato dai ghibellini nel 1287, la città è traslata, dalle propaggini di monte Petrano, e ricostruita ex novo sul pianoro inglobando il borgo preesistente. Per la rifondazione, sotto l’ala protettrice di Niccolò IV, si utilizza nel 1289 il progetto urbanistico ad assi ortogonali di Arnolfo di Cambio. L’avanzato tessuto urbanistico avrebbe fornito spunti a Leon Battista Alberti per tracciare il disegno della Città Ideale. Di ciò sarebbero alcuni elementi nella celebre tavola attribuita al Laurana (stretto collaboratore dell’Alberti) tra i quali uno, sullo sfondo, combacerebbe con l’altopiano costituito da monte Petrano. Peraltro, poco dopo, nelle Constitutiones Aegidianae del 1357, Cagli figura tra le nove città magnae della Marca (insieme per l’odierna Provincia a Pesaro, Fano e Fossombrone). Furono soprattutto le manifatture, consistenti in particolare nella lavorazione dei panni di lana (più tardi anche della seta) e nella concia delle pelli, che sviluppatesi notevolmente sotto i duchi d’Urbino sostennero lo sviluppo economico della città.
La devoluzione del Ducato d’Urbino allo Stato Pontificio, del 1631, assoggetta Cagli alla medesima politica economica dettata per le Marche: in primis l’agricoltura cerealicola. Accade che la città, lentamente, esce dai nuovi percorsi della storia dell’arte. Il consistente patrimonio storico-artistico, che era stato deturpato dal violento terremoto del 1781, subisce i vari ‘saccheggi’ napoleonici. L’Unità d’Italia accende gli animi anticlericali.
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